RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

“Francis Bacon a Treviso. I mille risvolti di una collezione privata”

[Tempo di Lettura: 12 minuti]

Intervista a Giulia Zandonadi, co-curatrice della mostra

di Eleonora Charans e Pier Paolo Scelsi

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Intervista a Giulia Zandonadi

The Francis Bacon Collection of the Drawing donated to Cristiano Lovatelli Ravarino, un corpus di oltre quattrocento opere su carta (disegni, collages), sbarca a Treviso. Presso Casa dei Carraresi, dal 15 ottobre 2016 al 1 maggio 2017, è infatti possibile visionare una selezione della raccolta – all’incirca una settantina di opere presentate in un percorso denso e connotato -, presentata con il titolo “Francis Bacon.Un viaggio dei mille volti dell’uomo moderno”, che suggerisce cosa il pubblico incontrerà: teste, volti, corpi e crocifissioni, maschere tragiche e figure ecclesiastiche; prove seriali su carta, genuina espressione – come ricordato a catalogo – della “vita segreta” dell’artista. La mostra è stata curata dal critico inglese Edward Lucie-Smith e dalla giovane storica dell’arte Giulia Zandonadi, formatasi all’Università Cà Foscari di Venezia, sotto la guida di Nico Stringa. L’abbiamo incontrata e abbiamo conversato con lei mentre visitavamo la mostra.

 

(Eleonora Charans) Potrebbe descriverci come è nata l’idea per questa mostra, spiegandoci anche la scelta del suo titolo e per quale tipo di pubblico è stata pensata?
Questa mostra è nata dal desiderio di raccontare una storia nuova, di far emergere un punto di vista poco conosciuto su uno degli artisti più interessanti del Novecento. Avere testimonianze dirette della vicenda è senza dubbio uno degli aspetti più importanti, quando si ricerca una fonte. Quando abbiamo visto le opere della collezione, abbiamo subito notato come si venissero a costituire delle “maschere” di fronte ai volti delle persone, una sorta di interiorità disvelata e messa a nudo. L’introspezione psicologica alla quale l’uomo viene destinato tra l’Ottocento ed il Novecento spinge l’arte ad indagare una dimensione della coscienza e dei demoni interiori dell’essere umano, facendo trasparire ancor di più l’urlo, il dolore, le emozioni lancinanti ed il disagio della società che si stava venendo a configurare con fatica e con contraddizioni sempre più evidenti, in una ricerca della verità e soprattutto nel disorientamento relativistico generale dovuto ad una dimensione interiore che anelava a risposte che non arrivavano. Bacon è interprete perfetto di tale condizione, rappresenta “la maledizione del corpo e dell’anima” di ogni uomo. La ripetizione dei medesimi soggetti, in forme diverse, con questi mutamenti nelle fattezze, ricorda le celebri parole di Pirandello – che ha ispirato il titolo della mostra – in “Uno, nessuno, centomila”: “Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile”. In mostra, abbiamo quindi voluto proporre una riflessione sulle fragilità e le difficoltà comunicative dell’uomo moderno. Bacon, con la sua collezione, è rappresentativo di tale condizione, ed è affiancato da citazioni, riflessioni e opere di confronto che commentano in qualche modo ciò che il visitatore può ammirare. Si tratta di una proposta di lettura, di un viaggio che vogliamo vivere insieme e che noi per primi abbiamo vissuto, entrando in questa storia.

 

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(Pier Paolo Scelsi) Portare in una città come Treviso una mostra su Francis Bacon è senza dubbio un atto coraggioso e di stacco nei confronti della tradizione espositiva passata e presente del capoluogo della Marca. A Treviso la proposta espositiva – portiamo ad esempio le molteplici mostre che hanno avuto come tema il periodo “Impressionista” e la sua proiezione in vari ambiti e dimensioni – è stata sempre concepita come foriera di un messaggio di tranquillità e narrante un ceto sociale ben definito. Come è stata recepita una mostra che ha come tema la turbolenza, la violenza d’animo, la sessualità e la ricerca dell’essere umano in una proiezione completamente opposta alla tradizione succitata? E’ un percorso che intendete portare avanti e proiettare in altri eventi?

Per rispondere, inizierei citando un importante filosofo novecentesco, Karl Popper che, in «La lezione di questo secolo», scrisse: «Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte».
Proprio seguendo questo principio, quello che abbiamo cercato di fare è stato sollevare un dibattito e suggerire una riflessione in più sulla società, sul mondo che stiamo diventando, sulle difficoltà del singolo individuo. Gli artisti, si sa, sono dotati di una sensibilità particolare e riescono a cogliere ancor prima degli altri la condizione dell’uomo. Francis Bacon, nella sua esperienza personale, diventa simbolo di questo mondo.
Essere contemporanei a noi stessi è una lezione importante da apprendere, per capire anche la direzione che prenderà il nostro futuro. La nostra è stata quindi una sfida, che devo dire ha suscitato curiosità ed interesse nella cittadinanza, non solo nei più giovani: la collezione di Bacon sicuramente ha molte tappe previste, come Madrid e Dubrovnik, nell’immediato.
Ci stiamo avvicinando all’idea di raccontare la storia dell’uomo, non solo dell’artista: questa è la nostra direzione. Colpisce non soltanto l’opera in sé, quanto ciò che sta alla base di essa, le decisioni e gli avvenimenti che hanno portato una persona a divenire tale.

 

(EC) Affrontiamo ora le questioni relative all’allestimento, al dispiegarsi delle opere negli spazi di Ca’ dei Carraresi. Ci parli del percorso di questa mostra, quali sono le sezioni che la costituiscono e quali tipologie di materiale troverà il visitatore.
La mostra è stata organizzata in una serie di sezioni che possano meglio aiutare il visitatore a comprendere Bacon in quanto artista ed in quanto uomo. Si inizia con dei video introduttivi all’ingresso, nei quali il direttore generale di Kornice, Andrea Brunello, dà il benvenuto in mostra, seguito da me, che parlo delle ragioni di questa esposizione. Infine, viene dato spazio al curatore Edward Lucie-Smith, che racconta un po’ della figura di Francis Bacon e del fatto che fosse un “myth-maker”, capace di creare attorno a sé un alone di mistero, proprio in relazione al fatto che si ritenesse che non disegnasse. Durante tutto il percorso della mostra, citazioni di Bacon stesso e di altri artisti, insieme ad opere di raffronto, guidano lo spettatore a scoprire un personaggio controverso ed in cerca della propria strada, oltre che della propria identità. Non a caso, in seguito alla parte più prettamente introduttiva, si arriva alla sezione dedicata agli Autoritratti: uno a collage e pastelli, mentre gli altri disegni su carta. Si inquadra la figura dell’uomo anche attraverso una serie di fotografie che raffigurano la vita privata e più intima di Bacon, insieme agli amici, in particolare Cristiano Lovatelli Ravarino, al quale fu donato un così importante corpus di opere. Si entra nel vivo della sua produzione con le sezioni colorate ed intense dedicate ai Papi ed alle Crocifissioni, per poi procedere con i Ritratti. Questi ultimi, a loro volta, sono distribuiti in diverse sale: una è dedicata alle opere che fanno riferimento a fotografie, come quella di Picasso, o di Gianni Agnelli, o ancora di una sua musa, Henrietta Moraes; un altro importante punto è quello in cui vi sono i confronti con opere celebri, presenti in riproduzione, come un Autoritratto di Van Gogh, o una caricatura di Leonardo Da Vinci. Si tratta forse della sezione più educativa e didascalica della mostra, che poi prosegue con la serie dei ritratti non identificati e con le figure intere. Una stanza a parte è stata dedicata alle evidenze scientifiche e legali, per chiarire la collezione.
In uscita, una citazione significativa di Bacon accompagna il visitatore e lo invita ad osservare il proprio volto attraverso degli specchi deformanti, per cercare di capire il processo che l’artista aveva attuato nelle sue opere.

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(EC) Le opere in mostra provengono dal consistente corpus di una collezione privata. Potrebbe spiegarci in quale modo il collezionista è entrato in relazione con l’artista, Francis Bacon e le questioni relative al lascito testamentario dell’artista.
Per rispondere, mi sembra molto interessante e poetico citare le parole tratte dal saggio, contenuto nel catalogo della mostra, di Umberto Guerini, chairman della Francis Bacon Collection of the drawings donated to Cristiano Lovatelli Ravarino:
“Il Barone Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus, aveva convocato i propri amici a Villa Medici per salutarli nel momento in cui lasciava Roma e l’incarico di addetto culturale all’ambasciata di Francia. C’era anche Francis Bacon, e, al posto della madre, Cristiano. Per Francis è amore e passione a prima vista. Per Cristiano è l’incontro di un giovane giornalista con uno dei geni della pittura del ‘900: una passione intellettuale. Nasce una storia segreta, d’amicizia, d’amore e di passione. Segreta, perché Cristiano proviene da una famiglia in vista: il padre, presidente della sede italiana di una importante banca statunitense, severo come solo i mormoni sanno essere; la madre “rampolla” di una famiglia bolognese di industriali cattolici e conservatori. Non avrebbero certamente capito l’amicizia intima con un uomo, per di più con uno che aveva la fama di Francis Bacon: “avrei fatto morire mia madre e mia nonna”, dice Cristiano. In ragione di questa necessaria segretezza, delle difficoltà, delle complicità, delle tensioni e passioni che corrono su di un filo sempre teso, la loro storia non finirà mai”.

 

(EC) Nel giugno del 2016 è stato pubblicato il catalogo ragionato delle opere di Bacon. Un’operazione che ha richiesto anni di studio e verifiche da parte dell’Estate di Francis Bacon, che però non ha incluso le opere della collezione che vediamo qui a Ca’ dei Carraresi. Bacon ha più volte dichiarato di non avere particolare interesse verso il disegno, eppure questa collezione è composta da diverse centinaia di disegni, collage, opere su carta. In una delle ultime sale è presente un apparato con delle prove a sostegno dell’autenticità della collezione stessa; potrebbe sintetizzare questo tema?
Allora, la Francis Bacon Collection of the drawings donated to Cristiano Lovatelli Ravarino non ha mai richiesto al Francis Bacon Estate un riconoscimento e quindi un inserimento nella pubblicazione: le ragioni sono dovute al fatto che entrambe sono istituzioni private, l’una nata per la gestione prevalentemente dei dipinti, l’altra per i disegni, pastelli e collage del lascito a Ravarino.
Dato che si sono molte volte create delle confusioni e delle difficoltà in merito, oltre al fatto che la critica si è divisa nella considerazione della collezione in questione, per chiarire la situazione sulle opere, sono state inserite le prove scientifiche e legali che sono state dibattute in merito.
Per risultare esaustiva, cito quanto scritto dallo stesso avvocato Guerini in merito:
“Come ha scritto Edward Lucie-Smith – uno degli storici dell’arte più conosciuti e apprezzati a livello internazionale – i disegni ed i pastelli che compongono la collezione sono “opere complete”, che si inseriscono a pieno titolo nell’iconografia dell’artista anglo-irlandese, il quale, negli ultimi anni della sua vita, rivisitò i temi che aveva in precedenza sperimentato, provando nuove strade formali.
Nelle “opere su carta” – tenute nascoste ai suoi mercanti ma regalate ai suoi amici: Paul Danquha, Stephen Spender, Brian Hayhow, Cristiano Lovatelli Ravarino e altri – si trovano crocifissioni, papi, ritratti e autoritratti: tutti soggetti da lui dipinti nel corso della sua lunga vita di artista.
Esse dimostrano che quando Francis Bacon, intervistato da David Silvester, suo biografo ufficiale, affermava di non avere mai fatto disegni preparatori, usava sapientemente e consapevolmente le parole, e diceva due volte il vero: era vero infatti che egli tracciava direttamente sulla tela le linee dell’opera che aveva in mente di realizzare senza ricorrere a disegni preparatori (salvo poi usare altri “sistemi”, come evidenzia molto bene Barbara Steffen nei suoi studi); ed era ugualmente vero che fin dall’inizio della sua “carriera artistica” egli era solito disegnare e lo aveva continuato a fare, riservatamente ma sistematicamente, per tutta la vita ( si veda la testimonianza di Mollie Craven, riportata nel libro di Daniel Farson, “The Gilded Gutter Life of Francis Bacon”, 1993).

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Le opere su carta dimostrano che uno dei più grandi pittori del XX secolo è stato anche un grande disegnatore.
Non poteva essere diversamente per chi, come lui, aveva deciso di “diventare pittore” dopo avere visto nel 1927 una mostra di 101 disegni di Picasso a Parigi alla Galleria Paul Rosenberg.
Francis Bacon aveva allora 18 anni.
Ed “è significativo che fosse proprio una mostra di disegni a dare l’impulso ad una attività tanto creativa e dirompente, ma è anche significativo che egli iniziasse la sua attività proprio dai disegni … di Picasso che preannunciavano invenzioni formali e tematiche introducendo “metamorfosi” del linguaggio plastico e pittorico che attraverseranno tutto l’arco della sua produzione … Bacon è pittore plastico che con la carta sconfina nella scultura ritagliando ed incollando, anche componendo la figura, come faceva Picasso con i suoi “dessin decoupè”, un genere che il maestro spagnolo aveva ripreso in età più avanzata (la storia si ripete) per approntare scenografie cinematografiche o modelli per la realizzazione di grandi sculture.
Dalla plasticità dei fogli disegnati al ritaglio delle figure delineate ed incollate su carta e cartoncino il passo è breve. 
La predilezione per la linea curva che delimita la figura umana è evidente, a contrasto con gli sfondi generalmente caratterizzati da linee rette ed angoli; segni grafici comuni anche ai dipinti dove le forme sono delineate con analogo tratto: impossibile per chi impara a riconoscere la “mano” non ritrovare in questi disegni la personalità di Francis Bacon” (M. Letizia Paoletti: Francis Bacon ed i “dessins decoupè”, 2015).
Sono ormai vent’anni che mi occupo professionalmente dei disegni che Francis Bacon ha regalato a Cristiano Lovatelli Ravarino.
Sintetizzare in poche righe un lavoro così lungo è impossibile.
Per questo mi si perdonerà se ricorrerò alla “ tecnica del rinvio”.

Primo rinvio: tra il 1997 e il 2004 si è svolto a Bologna il primo processo nel quale Cristiano Lovatelli Ravarino è stato assolto con varie formule rituali (tra cui anche la prescrizione), ma con una sentenza nella cui motivazione si riconosce che la firma apposta su alcuni disegni era di Francis Bacon e si riteneva raggiunta la prova che Francis Bacon e Cristiano Lovatelli Ravarino si erano conosciuti e frequentati a Bologna, Venezia e Cortina d’Ampezzo.
Su questo processo rinvio al libro dal titolo “La punta dell’iceberg. I disegni di Francis Bacon” , Maretti, 2009.

Secondo rinvio: a partire dal 2008 mi sono state affidate nuove ricerche. Ho così potuto accertare che: a) Sir Danis Mahon era a conoscenza dei viaggi italiani di Francis Bacon; b) che Horacio de Sosa Cordero, amico di tutta la vita di Bacon, aveva conosciuto Cristiano a Londra nello studio dell’artista in Reece Mews 7 e lo aveva poi rivisto a Parigi. Sempre a Parigi, Horacio de Sosa Cordero aveva visto nello studio di Bacon dei disegni identici a quelli regalati a Cristiano. Horacio aveva visto i disegni anche in una mostra a Buenos Aires e non solo li aveva riconosciuti come autentici ma aveva riconosciuto le persone che vi erano ritratte. c) Brian Hayow, il chirurgo che nel 1986 aveva operato di peritonite John Edward salvandogli la vita, era diventato amico di Francis Bacon che gli aveva regalato un disegno: quel disegno, studiato attentamente dalla grafologa, Dr. Ambra Draghetti, era uguale ai disegni che Bacon aveva regalato a Cristiano Lovatelli Ravarino.
Su queste prove rinvio al libro “Francis Bacon: ma certo che disegnava!”, FBC Edizioni, 2013.

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Terzo Rinvio: i nemici dei disegni citano quella che essi chiamano la sentenza della Cambridge Court. In realtà si tratta di una pronuncia incidentale all’interno di un processo civile che non aveva Cristiano tra le sue parti. In quel processo, a causa della grave negligenza di un difensore che si era dimenticato di indicare un proprio consulente tecnico, dodici disegni venduti da David Edwards a due mercanti d’arte inglesi, al termine di una breve udienza incidentale nel corso della quale era sentito il solo consulente della parte che aveva interesse a sostenere la loro falsità, veniva ritenuto che la loro non autenticità fosse “ più probabile che no”.
La deposizione di Martin Harrison, consulente dell’accusa, è pubblicata criticamente nel libro “La sfida dell’autenticità”. FBC edizioni, 2013.

Quarto rinvio: tra il 2012 e il 2015 a Berlino si è tenuto un processo penale a carico di Cristiano Lovatelli Ravarino promosso da Pasqual Jordan, titolare di una galleria nella quale i disegni erano stati esposti.
Nel 2015 un procedimento penale per fatti sostanzialmente identici a quelli di Berlino è stato celebrato a Bologna.
Cristiano Lovatelli Ravarino è stato assolto in entrambi i procedimenti.
Gli atti e le sentenze si trovano nel sito web della collezione e possono essere facilmente consultati: www.thefrancisbaconcollection.com
Nello stesso sito si possono consultare le prove scientifiche e circostanziali che sono state recentemente raccolte e presentate nel corso di una apposita conferenza stampa alla Herrick Gallery, Piccadilly, Londra”.

 

(PPS) A colpire in maniera particolare è il ciclo delle Crocifissioni, trasposizione di una tradizione iconografica storica e cristiana in un ambito di ricerca completamente diverso. Osservando le opere in mostra viene alla mente il pregevole saggio di Leo Steinberg su “La sessualità di Cristo”, nel quale l’autore accentra l’attenzione su come l’interesse degli studiosi sul tema posto a titolo del saggio medesimo sia stato elemento importantissimo nella discussione filosofico-artistica rinascimentale, per poi perdersi nell’oblio dell’epoca moderna. Qual è l’idea di sessualità che Francis Bacon vuole raccontare con questo ciclo? quanto esso è proiettato in questa tradizione succitata?
Si tratta di una domanda interessante, con riferimento ad un saggio altrettanto importante, quello di Leo Steinberg. Cristo è colui che toglie i peccati del mondo, che libera l’umanità con il suo sacrificio. Francis Bacon, ateo, non fa vedere Cristo in croce, ma rimette i peccati e le sofferenze dell’individuo alla propria forma mortale: egli infatti raffigura donne, uomini, o soggetti con entrambi i sessi, perché sottolinea la componente universale del dolore, con volti in alcuni casi trasfigurati e mostruosi. Era un artista senza dubbio interessato alla cultura rinascimentale, ma quando realizzava le sue opere, le volgeva al tempo moderno, immergendole nelle problematiche che lui stesso stava vivendo o che secondo lui l’umanità tutta doveva affrontare. Sicuramente, la tematica della sessualità è centrale nella sua produzione, poiché lo era nella sua esperienza personale; tuttavia, il punto sul quale porrei l’accento è che siamo tutti noi crocifissi in quelle opere. La carne, la psicologia della sofferenza. Non è il figlio di un Dio che si sacrifica per noi, ma è l’essere umano, inchiodato nella propria esistenza piena di dolore, nella sua brutalità a gridare e a mostrare tutta la sua verità, per quanto bassa essa possa essere.

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(EC) Avete deciso di non inserire alcuna datazione in merito alle opere, potrebbe spiegarci la ragione?
La scelta è legata al fatto che le opere sono tutte state realizzate in un arco di tempo compreso tra il 1977 ed il 1992. Non avevamo strumenti direttamente connessi a evidenze o scritte di Bacon per datare ciascuna opera in un anno rispetto ad un altro, quindi abbiamo preferito omettere un’ipotesi, che peraltro è stata comunque avanzata da uno studioso, in merito.

 

(EC) E’ stato difficile lavorare con un curatore straniero di fama riconosciuta? Ci sono state molte discussioni in merito all’articolazione della sezione o alla collocazione delle opere? Potrebbe farci qualche esempio?
Devo dire che, eccetto le difficoltà legate alla distanza, Edward Lucie-Smith è stato disponibile al massimo ed aperto al confronto. Con molta naturalezza è venuto spontaneo costruire un percorso diviso nelle sezioni che ho indicato in precedenza. La fase di allestimento è stata molto interessante e stimolante, ovviamente, perché solo con le opere vive di fronte a noi si presentava la possibilità di comprenderle e di accostarle in quella che a noi è sembrata una loro naturale collocazione. Sono davvero molto soddisfatta per il progetto e per come si è articolato, sento che abbiamo dato la giusta voce ad una storia che meritava di essere raccontata, e che proseguirà il suo cammino in altre importanti sedi museali, facendosi conoscere, da Dubrovnik a Madrid.

 

Eleonora Charans
Pier Paolo Scelsi

 

Percorso espositivo “Francis Bacon a Treviso. I mille risvolti di una collezione privata”. Courtesy of Angela Dozzo

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