RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

LORNA SHAUGHNESSY, «Accanimenti» – Poesie

[Tempo di Lettura: 7 minuti]

Lorna Shaughnessy

Accanimenti

Versioni di Stefano Strazzabosco

 

Le mele diventano dolci al buio

Silenziosa la crescita,
la vedi solo dopo che c’è stata;
la testa del bambino
più grande sul cuscino
la mattina.

Apples Sweeten in the Dark

Growth is silent,
visible only after the event;
the infant’s head
larger on the pillow
in the morning.

Accanimenti

Il passato ferito ritorna come un cane rognoso.
Gironzola qua e là, infettando la mia porta con le piaghe
e con l’odore di abbandono, mi fa incespicare se mi azzardo a uscire,
si struscia contro le mie gambe, pronto al mio prossimo calcio involontario.

Se gli do da mangiare, non se ne andrà mai più.
Se lo ignoro, non si allontanerà
ma premerà ancor più la sua pelle scabbiosa sulla porta,
acquattandosi nella coda dell’occhio, leccandosi la zampa,

o si farà sempre più piccolo nello specchietto dell’auto
e arriverà arrancando a farmi festa quando torno,
leale e fastidioso come il male.

Dogged

The injured past comes back like a mangy dog.
It hangs around, infecting my doorstep with its sores
and the smell of neglect, trips me up when I venture out,
circling my legs, ready for the next casual kick.

If I feed it, it’ll never go away.
If I ignore it, it’ll never leave
but press its scabby skin against the door-pane,
crouch in the corner of my eye, licking its paw,

or cower in the wing-mirror as I drive away
and limp out to meet me when I come back,
loyal and unwelcome as disease.

Topografia oscura

C’è un Paese che conosce soltanto chi è in lutto da allora,
un posto che non si vede dai finestrini delle auto dei passanti
che non sanno nulla di genealogie del dolore,
del doppio fardello di chi cerca di trovare
o di dimenticare verità.

Vedono solo campi verdi, siepi, fattorie e paesi,
non sanno che la casa laggiù fu abbandonata dopo la sparatoria,
che l’asfalto tra le ruote venne steso su macchie di sangue;
che troppe lapidi al cimitero portano scolpite le medesime date.

The Dark Topography

There is a country known only to the bereaved of that time,
a place not seen through the car windows of passers-by
who know nothing of genealogies of pain,
the dual burden of trying to find out
or trying to forget the truth.

They see only green fields, hedges, villages and farms,
don’t know the ruined cottage was abandoned after a shooting,
the tarmac beneath their wheels poured over blood-stains;
that too many headstones in the cemetery are carved with the same dates.

 

Alberi testimoni (a Doñana)1

Dopo essere sopravvissuto al passaggio di una duna, un albero testimone ha tre enormi vantaggi: è più grande, e può quindi produrre più pigne per anno; ha davanti a sé uno o due secoli in più di produzione di semi, prima che un’altra duna lo attacchi; e, più importante ancora, i suoi semi potrebbero ereditare il suo rapido tasso di crescita. (Martin Jacoby, A Day in Doñana)

Attraversa la terra sabbiosa
fino alla prima duna.
Guarda il vento che solleva i granelli
in crinali di rossi cristalli,
ombre su un Sahara in miniatura.

Sui crinali trovi scaglie di pigne,
frammenti di corteccia. Rametti che spuntano dal suolo
come dita nodose che graffiano l’aria;
sono fantasmi d’alberi, soffocati
dentro le sabbie di una duna errante.

Da qui, l’occhio vaga su un oceano
di maree setacciate dai venti che soffiano
sabbia su sabbia, uno tsunami al rallentatore.
Soccombono i pantani, sono assediate le pinete,
una sfida segnata da macchie isolate di verde.

Come vecchie anime gli alberi testimoni resistono.
Si allungano in giù verso sorgenti insospettabili
e mettono radici, protendendosi verso una luce che intuiscono appena.
Man mano che la sabbia va aumentando, mantengono la testa in superficie
e si ricordano di crescere.

Ogni cupola di pino sembra accucciarsi per resistere
e alzare scudi contro l’avanzare eolico,
serrando i ranghi insieme a chi resiste
contro ogni pronostico, contro gli elementi,
segnando il tempo in anelli profondi.

1 Gli alberi testimoni sono pini a ombrello che sopravvivono al passaggio di dune di sabbia nella Riserva Naturale di Doñana, in provincia di Huelva (Spagna sud-occidentale).

 

The Witness Trees

Having survived the passing of a dune, a witness tree has three huge advantages: it is bigger so it can grow more cones each year; it has another century or two of seed production before another dune comes upon it; and, most importantly of all, its seeds are likely to inherit its fast rate of growth. (Martin Jacoby, A Day in Doñana)

Cross the grain of the land
until you come to the first dune.
Watch as wind ripples sand
into ridges where red crystals gather,
shadows on a miniature Sahara.

At the crest you may find the scales of pine cones,
bits of bark. Twigs that jut out of the ground
like gnarled fingers and claw the air;
these are the ghosts of trees, drowned
in the sands of a passing dune.

From here, the eye can drift across an ocean
of wind-sifted tides that blow in
and in again, a slow-motion tsunami.
Marshes succumb, pine groves are besieged,
defiance mapped by odd island-clumps of green.

Like old souls the witness trees endure.
They reach down into unsuspected sources
and root, stretch towards an intuited light.
As the sand rises they keep their heads above land
and remember to grow.

Each domed pine seems to hunker down
and raise a shield against aeolian advance,
joining the ranks of those who survive
against the odds, against the elements,
marking time in rings deep inside.

 

Esodo

Egli disse al suo popolo: “Ecco, il popolo dei figliuoli d’Israele è più numeroso e più potente di noi. Orsù, usiamo prudenza con essi; che non abbiano a moltiplicarsi…”. Esodo 1:9-10

Nessuno sa dirti quando il treno arriverà
o quando partirà. Lo chiamano La Bestia
ti sdrai sul suo tetto o ti appendi a un fianco; dormi
a tuo rischio e pericolo, e puoi perdere un arto, o peggio.

Ti lavi la camicia nei fiumi o alle stazioni di servizio,
così non ti fiuteranno nei camion strapieni,
inizi ogni giorno col solito rito consolante:
lavi, strofini, preghi il Dio dei lunghi viaggi.

Sul muro del rifugio per migranti, un cartello
dice: Tapachula – Houston, 2930 chilometri.
Forse stanotte il treno partirà, passerà
per quei vasti, oscuri cimiteri senza croci.

Il sole tramonta e tu attendi, scrivi lettere
mentre una giovane coppia del Salvador
mette a dormire il suo bambino in fasce.
Nessuno parla. Il bambino non piange.

Lungo il confine nord ci sono angeli
che lasciano acqua e cibo nel deserto;
ma di notte le loro ombre tornano,
dicono, per metterci del veleno.

‘La Bestia’, il treno che trasporta migliaia di migranti dall’America centrale agli Stati Uniti

Exodus

‘Behold, the people of Israel are too many and too mighty for us. Come, let us deal shrewdly with them, lest they multiply’. (Exodus 1:9-10)

No-one can tell you what time the train will arrive
or when it leaves. They call it the beast –
you have to lie flat on top or hang onto the sides,
sleep at your peril: the loss of limb, or worse.

You wash your shirt in rivers and service stations
so they won’t sniff you out on crowded buses,
begin each day with the same consoling rite –
wash, launder, pray to the God of great journeys.

On the wall of the migrants’ refuge, a sign
reads Tapachula to Houston 2,930 kilometres.
Maybe tonight the train will leave, crossing
the vast, dark cemeteries unmarked by crosses.

The sun sets and you wait, write letters
while a young couple from El Salvador
settle a child in swaddling clothes to sleep.
Neither speaks. The child does not cry.

At the northern border there are angels
who leave food and water in the desert,
but their shadows come back at night,
they say, to poison it.

 

Sulla via delle torbiere

Pensò che la felicità sarebbe stata come un’allodola
che si alzava in volo dalla bocca del suo stomaco alla testa
per scoppiare in un canto che solo lei avrebbe riconosciuto.

Che il suo cuore era un giardino murato
curato da giardinieri chiamati Prudenza, Costanza e Fede,
ma la sua vita assomigliava più a un pantano in cima a una collina
e la sua gente a uova deposte da uccelli canterini in terra,
invisibili all’occhio, ma fin troppo esposte.

Che nelle relazioni si trattava di scegliere i passi
nel pantano senza turbare i nidi;
e la possibilità dell’allegria in qualche modo dipendeva
dall’essere intimi della fragilità
che esiste solo allo stato brado;

come le uova di allodola, era qualcosa
che non si può afferrare, qualcosa
perpetuamente sul punto di schiudersi.

Walking the Bog Road

It came to her that happiness would feel like a lark
rising from the pit of her stomach to her head
to explode in a song only she would recognise.

That her heart was a walled garden
tended by gardeners called Prudence, Constance and Faith,
but her life bore a closer resemblance to a hilltop bog
and the people in it, eggs laid by song-birds on the ground,
invisible to the human eye yet utterly exposed.

That relationships were all about picking steps
across that bog without disturbing any nests,
and the possibility of joy somehow hung
on an intimacy with frailty
only known in wildness;

like the lark’s eggs, it was something
that could not be grasped, something
perpetually to be hatched.

Nascondino

Nel bosco seguiamo gli indizi
che mi hai seminato nel sonno:

la tua sciarpa è appesa a un cespuglio,
un messaggio 
della tua mano, inconfondibile, illeggibile

agli occhi di un bambino. Nelle tasche
del tuo cappotto abbandonato, ritagli

di giornale, vignette che ci facevano ridere,
storie con un messaggio per ciascuno di noi

fra le righe. L’inchiostro umido
mi sporca le dita. Quasi canto a squarciagola

Che ore sono, Signor Lupo?,
aspettando l’emozione quando appari

dietro il tronco di un albero, ringhiando
Sono le sei e la mia cena è pronta,

i tuoi capelli scuri, ancora, minacciando
tre bambine che strillano, con le calzette bianche.

Invece, sgronda il silenzio dalle foglie umide.
Non ti troveremo qui, oggi.

Tornerò indietro sola, sui sentieri
che facevamo insieme, e dove gli alberi                                  

si faranno più radi, sentirò la tua voce,
ancora da trovare.

Hide and Seek

Into the woods we follow the clues
you planted in my sleep:

your scarf hangs on a bush, a note
in your unmistakeable hand, illegible

to the child’s eye. In the pockets
of your discarded coat, newspaper

clippings, cartoons to make us laugh,
stories that carry a message for each of us

between the lines. The damp print
blackens my fingers. I almost chant out loud

What time is it Mister Wolf?,
wait for the thrill as you pounce

from behind a tree, snarling
It’s six o’clock and it’s my supper-time,

your hair still dark as you loom over
three white-socked, squealing girls.

Instead, silence drips from the wet leaves.
We will not find you here, today.

I will come back alone, follow the paths
of walks we shared, and where the trees

start to thin, I will hear your voice,
still waiting to be found.

 

Lorna Shaughnessy è nata a Belfast, in Irlanda del Nord, il 30 gennaio 1961. Poetessa, traduttrice, ricercatrice e docente di Lingua Spagnola a Galway, presso l’Università Nazionale d’Irlanda, ha pubblicato le raccolte di poesia Torching The Brown River (2009), The Witness Tree (2011) e Anchored (2015). Studiosa della Generazione del ’27, si è dedicata a traduzioni di poeti messicani contemporanei confluite nei libri: Mother Tongue: Selected Poems by Pura López Colomé; If We Have Lost our Oldest Tales, di María Baranda (2006) e The Disappearance of Snow, di Manuel Rivas (2012). Come saggista, ha pubblicato il volume sulla filosofía poetica di Pedro Salinas A Study in Twentieth Century Poesía española – La Reconquista de la entereza del Hombre (1995).

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