RIVISTA DI CULTURA MEDITERRANEA

Muniam Alfaker – Una nuvola in viaggio

[Tempo di Lettura: 4 minuti]

Muniam AlfakerUna nuvola in viaggio

Versioni di Stefano Strazzabosco

 

*

Non potete fare
Della mia bocca
Una cella
In cui la lingua
Stia chiusa
Per tutta la vita

*

 

Mettere su casa

Un giorno ho preso
Una manciata di sabbia,
Qualche ciuffo d’erba,
Un po’ d’acqua
E chilometri di filo spinato.
Così ho messo su casa.
La chiamerò “Iraq”?

*

 

Il soldato

Non era così tenero
Da potersi piegare
Né così duro
Da potersi spezzare.
Galleggiava qua e là
Nella sua vuota solitudine.
Alla prima licenza
Tornò a casa in un camion.
Alla seconda
Arrivò in corriera.
Alla terza
Ritornò in una cassa di legno.

*

 

L’attesa

Dopo averla aspettata
Un’ora, due ore
Senza che lei arrivasse,
Appoggiò il mento dolcemente
Sulla panchina e disse:
“Panchina,
Ci vediamo domani
In questo stesso posto?

*

 

Una famiglia

La mattina
Una tazza di caffè
Col formaggio e le olive
Il tavolo della colazione si allarga
Grazie alle nostre mani.

Quando il padre sta per uscire,
Il bambino gli chiede cioccolato
La mamma solo un bacio
Il papà dice: “Ora torno”.

Il pomeriggio
Il bambino è nel portico,
La mamma in cucina
E il papà all’obitorio.

*

 

Il dolore

Se il dolore fosse bianco
Avremmo dipinto le facciate
Delle case, decorato i salotti
Col nostro dolore.

Ma siccome il dolore è nero
Lo nascondiamo
Nel punto più recondito
Del cuore.

*

E il lucchetto disse alla chiave
(Che era stata girata due volte):
Tu non funzioni senza me!
E la chiave rispose:
Neanche tu senza me!

*

Quante volte
Mi sono infilato calzoni
Che non erano miei
E camicie
Che non erano mie.
Quante volte
Ho girato per strade
Che non erano mie
E vissuto dei giorni
Che non erano miei.

*

 

Nonno

Il sole il sole
Si arrampica si arrampica
Nel cielo nel cielo

La bassa siepe la bassa siepe
getta un’ombra corta getta un’ombra corta

Sulla sedia sulla sedia
Siede mio nonno

La polvere

*

 

Una nuvola

In quest’afa
Una nube appollaiata che fugge
Dal suo stesso cielo
Frusta la schiena della siesta.

Per questo mia madre
Adesso sta piangendo.

*

 

Salima

Nel freddo
Viene qui col fuoco
Nel caldo
Viene col ghiaccio
Nel dolore
Viene da sola
E nella gioia
La divide fra tutti.

*

Alfaker in una scuola

 

Una chiave

Per trent’anni
Ho cercato la chiave
D’oro, d’argento
Anche di plastica
Per tutte le porte che ho chiuse.

*

Nel deserto dell’amore
Il tuo cuore
Potrebbe portarti al mio pozzo:
ci berresti il mio buio.

*

 

Immobilità

Dolcemente l’aria
solleva queste tende
e fa entrare la luce quietamente,
quietamente.

L’immobilità
è il modo in cui conversano
gli oggetti.

*

 

Lo so

Ti ho posato una mano sui capelli
Mentre eri in giardino a riposare
Poi me ne sono andato

*

Alfaker (a destra) in Croazia

 

È mezzanotte

Adesso, a mezzanotte
le pareti mi crollano addosso
e non posso difendermi.

È mezzanotte
e gli alberi dormono profondamente
mentre la stella che è caduta a terra
è scomparsa
nel buio del giardino.

È mezzanotte
Gli amici spariscono
nella giungla dei ricordi
e i miei sogni vagabondano
lontano da me

È mezzanotte
E aspetto qualcuno.

No.

Non aspetto nessuno?
La mano si è assopita
sulla mia guancia.

*

Io sono l’errore del mondo
E il suo grande rimpianto

Restare umani
Questo è il problema
Questa è l‘angoscia
Che torna sempre a premere

Io sono sperma
La Terra era incinta di me
Poi
Mi ha partorito
Con un urlo

L’urlo
Che è l’eco
Della foia

Io sono una stella smarrita
La Terra mi ha accolto
E avvolto nelle fasce.

Io sono una traccia nell’acqua.

*

Domani
Sarà pronta ogni cosa
Mi sveglierò presto
Metterò i ricordi sparpagliati
Nella valigia della mia memoria
Laverò via i tratti dal mio volto
E sgattaiolerò
Fuori attraverso le sbarre
Della mia vita.

*

Ogni notte
Tu e io ci togliamo i vestiti
E saltiamo nel mare del sonno
Nuotiamo
Ci tuffiamo
Ma quando stiamo per annegare

Ognuno di noi sogna il proprio
Sogno di salvataggio.

*

Il cielo è il mio cappello
La terra le mie scarpe
L’aria
L’aria
La mia veste

*

Allora
Fossi
Diventato
Sasso

Senza incespicare
Né che qualcuno incespicasse
Su di me

*

Alfaker alla Fiera del Libro di Skenderija (Sarajevo), aprile 2014 – Foto di Lidija Pavlovic-Grgic

 

Fuga

Gli alberi dell’esilio sono sempre grigi

Farò una strada che non è la mia
Forse userò
Una nube per cocchio
E il vento per destriero

Velerò i miei specchi
E le finestre
Lontano dalla luce
Riporrò la mia forma
Non mi vedrà nessuno

Cambierò paradisi
Come si cambia di camicia
E terre come i pantaloni

Me ne andrò a piedi nudi
Forse del tutto nudo

Non dirò ciao
Ai nuovi venuti
Né addio
A quanti se ne andranno

Nasconderò me stesso
Sotto i vestiti
E coprirò il mio corpo
Con l’acqua

Illuminerò il mio volto
Col buio
E non aprirò la mia porta
Non scorrerò le tende
Non busserò alle porte
Non farò neanche un passo

E nessun amico
Farà un passo
Verso me

Siederò da solo
In mia compagnia
E mi festeggerò

Sarò felice, molto
felice nel dolore

Metterò via
La sofferenza
Nelle rughe

Non guarderò troppo a lungo
Nessun quotidiano
Così che non possa
Guardarmi di riflesso

Raccoglierò
Le mie impronte digitali
E metterò in valigia
Le orme dei miei piedi

Sceglierò giorni di pioggia
Per visitare luoghi
E andrò con la nebbia
A sedermi nel parco

Andrò a dormire presto
E presto mi alzerò

Regalerò le impronte
Dei miei piedi alla terra
Come le chiavi a un ladro

Mi farò documenti
Che non dicano nulla

Accenderò le mie notti
E spegnerò i miei giorni

Conficcherò le unghie
In ogni mia ferita
Così che il mio dolore
Non trovi mai sollievo.

 

Muniam Alfaker con alcuni amici, tra cui Stefano Strazzabosco, all’ingresso del carcere di Durango (Messico), dove sono andati a leggere poesia a un gruppo di carcerati, una cinquantina di persone

 

Muniam Alfaker nasce a Baghdad, Iraq nel 1953. Nel 1977 lascia la sua terra natale per evitare la censura e la repressione della dittatura: si rifugia dapprima in Marocco, poi a Beirut, Libano, dove vive dal 1978 al 1982 e dove scrive le sue prime poesie. Nel 1982 si sposta a Damasco, Siria, dove pubblica la sua prima raccolta poetica “Lontano da loro” (1983). La seconda, “Il diverso”, esce nel 1986, anno in cui si trasferisce in Danimarca in qualità di rifugiato. Qui pubblica altri libri di poesia, romanzi, un’opera teatrale e vince vari premi.

La sua poesia, conosciuta – oltre che in Danimarca – anche in Egitto, Siria, Marocco, Libano, Iraq, è stata tradotta e pubblicata in francese, inglese, spagnolo, norvegese (quasi sempre in edizioni bilingui, con testo originale in arabo). Questa è la prima versione italiana, basata sulle traduzioni inglese e spagnola.

 

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